Il cambiamento climatico è tra le cause del crollo del seracco della Marmolada: un nuovo studio dell’Università di Padova

Sono ancora vivide, nella mente di tutti noi, le drammatiche immagini risalenti allo scorso 3 luglio 2022 che mostrano il distacco del seracco dalla calotta sommitale nei pressi di Punta Rocca, sulla cima sinistra della Marmolada. L’evento ha destato l’interesse di studiosi e ricercatori da tutto il mondo per l’eccezionalità del fenomeno naturale intercorso, primo nel suo genere ad essersi verificato nel contesto del gruppo della Marmolada che costituisce il più elevato massiccio delle Dolomiti.
A qualche mese di distanza, è stato pubblicato un primo studio, curato da un gruppo di ricercatori internazionali coordinato da Aldino Bondesan, professore associato presso il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, di cui fanno parte anche l’Università di Parma e l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica di Trieste – OGS, che ci aiuta a chiarire quanto è accaduto, analizzando le cause del fenomeno e ricollegandosi al crescente problema del riscaldamento climatico.
L’analisi delle immagini riprese prima e dopo l’evento ha permesso infatti di ricostruire le modalità con cui circa 64.000 tonnellate di acqua, ghiaccio e detriti rocciosi si sono distaccati dalla cima del versante settentrionale del ghiacciaio a quota di 3213 m s.l.m, generando una valanga proseguita per 2.3 km di discesa e dalla portata sismica tale da eguagliare un terremoto di magnitudo 0.6.
Come dimostra lo studio, il fenomeno si spiegherebbe con il cedimento di un crepaccio mediano allargatosi negli ultimi dieci anni, occupato da acque di disgelo generate dalle temperature anormalmente elevate susseguitesi nelle settimane precedenti al crollo e che in quella giornata si aggiravano addirittura sui 10.7°. La conformazione della superficie rocciosa e la presenza di numerosi crepacci hanno fatto sì che l’acqua, penetrata all’interno di uno di essi, avrebbe causato una pressione tale da sollevare lo strato di ghiaccio sovrastante, spingendolo al galleggiamento e al conseguente distacco.
Da fine Ottocento il ghiacciaio è sotto attenta analisi di ricercatori e studiosi che ne stanno valutando il crescente ritiro, registrato con evidenza allarmante soprattutto nel corso degli anni Duemila. Il fenomeno è talmente tangibile da far capire che quanto è accaduto meno di un anno fa sia un effettivo campanello d’allarme sugli effetti a corto raggio del riscaldamento globale, che impatta in primo luogo ecosistemi delicati come i ghiacciai, che assumono così il ruolo di termometri naturali del cambiamento climatico. Studiare e valutare la portata di questi eventi è quindi fondamentale non solo per comprendere cosa sta accadendo al nostro pianeta, ma anche per tentare di fare previsioni sugli scenari futuri che con sempre più forza hanno conseguenze dirette sul vissuto quotidiano di tutti noi.
Lo studio, pubblicato sulla rivista “Geomorphology”, è consultabile al seguente link.