Lo sviluppo sostenibile dell’impresa attraverso le società cooperative: la rivincita di un modello

Nel marzo 2021 è stato celebrato l’evento digitale «Produttività e sostenibilità: la sfida delle Cooperative» in cui sono stati illustrati i risultati del «Programma di attività per la promozione e lo sviluppo del sistema cooperativo italiano», promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico che ha finanziato degli studi di fattibilità in collaborazione con Invitalia. Non si tratta di un caso: le cooperative, infatti, sono considerate un attore chiave dalle Nazioni Unite per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Il concetto di sviluppo sostenibile è stato tracciato per la prima volta nel 1987 dal c.d. «Rapporto Brundtland» della Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo, secondo cui è sostenibile lo «sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri». La portata della definizione – originariamente legata in prevalenza alla salvaguardia ambientale – è stata ampiamente sviluppata negli anni, fino a raggiungere l’apice nel 2015, quando le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 e i relativi 17 obiettivi globali. Il concetto di sostenibilità riveste oggi una valenza non più settoriale, ma a tutto tondo, caratterizzata da una visione integrata delle diverse sfaccettature della sostenibilità che sono tra loro interconnesse: in termini, dunque, di sviluppo economico e sociale in senso lato, oltre che ambientale.
La portata generale dei nuovi obiettivi dell’Agenda ONU fa sì che anche il mondo dell’impresa sia chiamato a dare il proprio contributo. In questo contesto, negli ultimi anni, è scaturito un dibattito prevalentemente incentrato sul perseguimento della sostenibilità esercitando attività di impresa con modelli societari tradizionalmente lucrativi: quei tipi di società, cioè, che per caratteristiche intrinseche sono caratterizzati dall’obiettivo di distribuzione degli utili quale fine egoistico ed esclusivo dei soci.
L’argomento è emergente: ha senz’altro ampio seguito e suscita molte attenzioni degli operatori economici e giuridici; in ambito normativo, però, la disciplina nazionale è per il momento intervenuta solo marginalmente (si pensi alle società benefit, con riferimento alle quali l’Italia è pioniere in ambito europeo) o comunque meramente eventuale in quanto affidata all’autodisciplina e limitata a specifici settori (si pensi al Codice di Corporate Governance per le società quotate). Il che rende attuale il rischio che oggi, in assenza di una compiuta disciplina sul piano giuridico dei molteplici profili coinvolti dal fenomeno, l’esercizio dell’attività di impresa in maniera sostenibile rappresenti per lo più un’etichetta cui si ricorre a fini prevalentemente commerciali e, in definitiva, uno slogan promozionale. E ciò senza nulla togliere ai casi effettivamente virtuosi di sostenibilità d’impresa in costante aumento.
Si sbaglierebbe, però, a ritenere che nell’ambito del diritto dell’impresa il concetto di sostenibilità sia una novità. Vi è, infatti, un modello di società ampiamente diffuso che, sin dalle sue origini, è stato improntato all’esercizio di attività imprenditoriale in maniera sostenibile. Si tratta delle società cooperative: nate nel XIX secolo in Europa quale reazione al modello imprenditoriale capitalista, sono tutt’oggi promotrici di sostenibilità e sotto questo profilo suscitano l’attenzione delle Nazioni Unite per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Ciò trova diffusa conferma nelle molteplici iniziative al riguardo: tra molte, oltre a quanto detto in apertura, si pensi alla campagna Coops for 2030 lanciata già nel 2016 dall’International Cooperative Alliance o al fatto che la Giornata Internazionale delle Cooperative del 7 luglio 2018 è stata dedicata al tema delle «società sostenibili attraverso la cooperazione».
Le società cooperative hanno sempre rappresentato un modello alternativo a quello lucrativo. La prevalente attività dell’impresa cooperativa consiste, infatti, a seconda del settore di esercizio, nel fornire beni o servizi o occasioni di lavoro direttamente ai soci, a condizioni più vantaggiose di quelle che gli stessi otterrebbero sul mercato: si tratta dello scopo mutualistico, volto al soddisfacimento di uno specifico bisogno dei soci diverso dal lucro soggettivo. Sembra, dunque, possibile affermare che le cooperative, orientate da principi democratici e solidaristici, sono leader nello sviluppo sostenibile sotto diversi profili: nella veste di attori economici, creano opportunità occupazionali; nella veste di imprese che esaltano la persona del socio, contribuiscono all’equità e giustizia sociale; come enti democratici, consentono ai soci di giocare un ruolo chiave nelle società e nelle comunità locali.
Ciò sembra già di per sé sufficiente a definirle quali modello di impresa sostenibile, in quanto comunque l’attività esercitata, ancorché destinata ai soci (e, dunque, quale declinazione egoisticamente orientata dello scopo mutualistico) è pur sempre diretta alla soddisfazione degli interessi di una categoria meritevole di tutela. In altri termini, la cooperativa tradizionale è comunque un’impresa stakeholder-oriented, ancorché single–stakeholder. Vi è di più: oltre allo scopo mutualistico a beneficio dei soci, le imprese cooperative agiscono nel perseguimento di una funzione sociale costituzionalmente protetta. Ebbene, questa considerazione ha negli ultimi anni trovato manifestazione sul piano pratico nell’attività delle cooperative sociali, che possono essere considerate la forma di impresa multi-stakeholder per eccellenza.
Va detto che le società cooperative hanno vissuto un periodo buio, in quanto si è assistito in molti casi a una degenerazione del modello utilizzato quale mero schermo societario per il perseguimento di interessi in vero lucrativi e, talvolta, addirittura illeciti. Si è parlato in tal senso di false cooperative o di cooperative spurie: entrambi concetti allusivi alla sola forma cooperativa e alla sostanza lucrativa dell’attività esercitata.
Oggi, invece, sembra che questo annichilimento delle cooperative rispetto ai modelli di società lucrativi, laddove si ragioni secondo il paradigma della sostenibilità di impresa, non abbia più ragion d’essere, quantomeno per tre motivi.
(i) In primo luogo, le cooperative possono recuperare la propria autonomia e aspirare all’inserimento in mercati complessi orientati al perseguimento degli obiettivi di sostenibilità; in altri termini, avere una collocazione nella supply chain orientata alla sostenibilità delle grandi società. Ciò, anche grazie al recente «Programma di attività per la promozione e lo sviluppo del sistema cooperativo italiano» calibrato sugli studi di fattibilità finanziati dal Ministero dello Sviluppo economico e realizzati in collaborazione con Invitalia.
(ii) In secondo luogo, le cooperative, in quanto, come detto, “leader” nella sostenibilità, possono fungere per le altre forme di impresa lucrativa da modello collaudato di esperienza e buone pratiche per sviluppare modelli di business innovativi, finanziariamente sostenibili e, appunto, replicabili.
(iii) Infine, le cooperative possono rappresentare un modello cui le nuove forme di impresa mosse da intenti non egoistici (e, dunque, di interesse generale) possono ispirarsi non solo sotto il profilo operativo, ma anche sotto quello normativo. In questo senso si potrebbe assistere a un’inversione di tendenza rispetto a quanto sinora accaduto: il modello cooperativo non sarebbe più un modello appiattito sulle regole previste per le società di stampo esclusivamente lucrativo, ma viceversa, un modello virtuoso anche sotto il profilo normativo.
Vincenzo Antonini
Approfondimenti:
Beuthien V., Genossenschaftsgesetz, 16. Aufl., München, 2018, § 1.
Bonfante G., La società cooperativa, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, vol. V, t. 3, Padova, 2014.
Ferrarini G., Corporate Purpose and Sustainability, Working Paper, EUSFiL Research Working Paper Series, 2020/1 (dicembre 2020).
International Labour Organization, Annual Report 2017, reperibile all’indirizzo https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/ed_emp/documents/publication/wcms_618853.pdf.